"Una zona franca per gli immigrati che delinquono, il tutto a pochi passi dal Naviglio Grande e dalla Darsena in pieno centro di Milano, Via Gola è una strada incassata tra l'Alzaia Naviglio Pavese e Ripa di Porta Ticinese, nel cuore della Movida. Qui la notte di Capodanno alcuni extracomunitari hanno appiccato il fuoco in mezzo alla strada incendiando i vecchi mobili accatastati all'incrocio con via Pichi. Un italiano che si è avvicinato chiedendo agli extracomunitari di spegnere le fiamme è stato steso con un montante in pieno volto. Un episodio che ha acceso i riflettori su quanto avviene ogni sera in via Gola dove gli spacciatori nordafricani sono i padroni incontrastati.
Fotografie di Egidio Dellacroce che possono essere utilizzate liberamente (no copyright) per motivi culturali o di cronaca.
"Gli unici stranieri sono gli sbirri nei quartieri", ammonisce una scritta su un muro.
Michele ha 71 anni, prende 650 euro di pensione e per arrotondare fa il commesso in un negozietto della zona. "Chissà perché io prendo di meno degli immigrati che ricevono 750 euro dal Comune, ci racconta l'anziano che non a caso lavora per un padrone di origini mediorientali. "Quello che mi fa arrabbiare di più è che se la polizia ferma un immigrato che delinque, perché spaccia o non è in regola con il permesso di soggiorno, lo rilascia all'istante. Se invece un italiano si mette le mani in tasca per cercare un fazzoletto finisce subito in questura con l'accusa di essere un pusher." E aggiunge Michele: "Il problema qui in via Gola è lo stesso di tutta Italia e si chiama PD, il partito che governa sia Milano che il paese. Il sindaco Beppe Sala è l'espressione di una parte politica che non vuole muovere un dito contro gli immigrati. Finché non ci scappa il morto qui non cambierà nulla".
Mentre parlo si avvicina un magrebino che mi guarda minaccioso e allunga una mano per toccarmi la faccia. E' uno degli spacciatori che popolano la zona. Mi allontano mentre sento che il nordafricano fischia alle mie spalle: a chi controlla il quartiere non fa piacere che qualcuno venga a curiosare.
Antonio, 76 anni, parla con uno spiccato accento campano. Gli chiedo che cosa ne pensi della situazione in via Gola. "Lo sai che cosa ne penso? Che ti devi fare i cazzi tuoi", mi risponde appoggiandomi una mano sulla spalla. "Qui l'importante è non toccare gli scorpioni perché altrimenti ti pizzicano, non so se mi spiego". Gli chiedo se ha paura di uscire la sera. "E dove sono i quartieri italiani nei quali uscire la sera è sicuro?", replica duro...
(tratto dall'articolo di Pietro Vernizzi sul quotidiano "La Verità" del 4 gennaio 2017, pag. 4).
Il simbolo degli squatters, degli anarchici antagonisti dei centri sociali che occupano abusivamente le case.
La targa di via Mario Pichi, via trasformata in via Mario Dax dagli antagonisti del centro sociale che occupa la Casa aler al numero 16 di via Gola.
Il programma politico degli antagonisti di via Gola: "SOLO ODIO - IL CHE SPARA"
Falce e martello sui muri della casa popolare Aler di via Gola a Milano
Milano, Via Emilio Gola, 16 - Dax odia - Padroni di niente, servi di nessuno.
IL BAR DEL CENTRO SOCIALE DI VIA GOLA
Lui, questo bellissimo gatto bianco e randagio o ex randagio (si capisce dal taglietto triangolare sull'orecchio) non si chiama Dax. Pertanto, non è costretto dagli "amici" (dai nemici mi guardo io... dagli "amici" mi guardi Iddio) ad odiare eternamente nessuno e vive pigramente e tranquillamente la sua vita di inquilino delle case popolari di via Emilio Gola.
Ne vede di tutti i colori, ma, con l'olimpica saggezza felina che lo contraddistingue, osserva e tace e non si droga, se non con qualche croccantino.
Vive in pace, a differenza degli altri poveri inquilini non okkupanti, tanto non può parlare, tutt'al più può miagolare alla luna...
Una barriera invisibile, ma più impenetrabile del «muro di Berlino», separa i due mondi, di qua le famiglie, con lavoro e figli, dall'altra i disperati, antagonisti, clandestini, spacciatori, rom, con il loro carico di rancore e violenza. Si scrutano, con timore i primi, con livore gli altri. «Dura viverci, dobbiamo sempre guardarci attorno, stare attenti a non infastidirli, rimanere rintanati nel nostro recinto, protetti da guardie giurate e vigilato da telecamere» spiega rassegnata una residente del Ticinese vicina sua malgrado, della composita «corte dei miracoli» di via Gola.
Per questo quartiere, saldamente in mano alla criminalità, da anni si sprecano i paragoni con la Casbah o il Bronx. Giuseppe Gissi, titolare del «Bridge caffè», ha provato a ribellarsi e domenica mattina gli hanno piazzato una bomba davanti alle vetrine. L'esplosione ha svegliando l'intero quartiere e, si spera, anche le Istituzioni perché è stato ormai ampiamente superato il livello di guardia. «Non è possibile però - sbotta la signora che accetta di parlare solo dietro stretto anonimato - che in pieno centro, uno degli angoli più suggestivi di Milano, a poche settimane dall'Expo, sia una terra di nessuno dove le regole non valgono. Ma come, noi normali dobbiamo pagare tasse, imposte, multe e sanzioni quando sgarriamo, quelli invece abitano gratis le case pubbliche, occupano la strada con le loro feste, spacciano droga a cielo aperto».
Un quartiere sempre stato difficile anche se a partire dal 2006 si cercò di riqualificarlo realizzando tra via Fusetti, Mangolfa, Argelati e Segantini una serie di confortevoli ed eleganti condomini dove appunto nel 2009 la signora andò ad abitare appena spostata e dove nacque il bambino. «Trovammo subito una situazione drammatica. Via Gola era già allora una zona franca, piena di spacciatori a tutte le ore del giorno e della notte, pronti a rifornire i frequentatori della movida dei Navigli. Con il tempo sono diventati sempre più sfrontati, avvicinano i nostri figli, li rincorrono fino all'ingresso della scuola. Poi i clienti. Fanno i loro bisogni per strada, accusano malori, vomitano in strada. Noi quando rientrano siamo costretti a giri viziosi per non incrociarli. Altrimenti dobbiamo aspettare che si spostino dalla carreggiata. A loro piacimento».
Nel 2013, ciliegina sulla torta, arriva anche il centro sociali «Cuore in Gola». «Altro problema. Le feste in strada bloccano tutto con barbecue improvvisati e musica musica a tutto volume fino a notte tarda. Quando non organizzano le manifestazioni e vanno ad assaltare il vicino commissariato. Ci odiano, rappresentiamo gli «speculatori», il nemico di classe. Qualche settimana fa hanno fatto un presidio con volantinaggio spiegando che i «pescecani del mattone» intendono sfrattarli per fare case di lusso. E hanno messo le foto dei nostri condomini in bella mostra. Non è stato rassicurante».
E così con il «cuore in gola» sono finiti i residenti, costretti a rintanarsi nei condomini trasformati in tanti «Fort Apache». «Viviamo isolati, tra vigilantes e telecamere, mentre fuori scorre un film di fantascienza. Rallegrandoci perché finora si sono limitati solo a imbrattare i muri perimetrali dei nostri palazzi e spaccare qualche vetrata al pian terreno».
I residenti hanno provato a lamentarsi con l'Amministrazione comunale e tempestare ci chiamate i centralini delle forze dell'ordine, ma con scarsi risultati. «Abbiamo spedito lettere e petizioni a Palazzo Marino, ma nessuna si è degnato di risponderci. Le forze dell'ordine non le chiamiamo più, tanto ci dicono che non vengono, non possono farci nulla, accampando mille storie. Bisognerebbe andarsene ma dove e chi li compra più i nostri appartamenti? Ci stiamo rassegnando a essere stati abbandonati dalle Istituzioni, a vivere ostaggio di questa gente. Sperando solo che la situazione non peggiori».
La polizia non interviene perché è inutile, il Comune di Milano è assenteI Navigli: i pusher padroni della notte - La polizia non può intervenire
Abusivi, pusher e no global
Fuga dal ghetto di via Gola a Milano, Naviglio Pavese, Porta Ticinese